Infortunio sul lavoro, la colpa determina il risarcimento
La responsabilità del datore di lavoro per inadempimento dell'obbligo di
prevenzione di cui all'art. 2087 cod. civ. non è una responsabilità oggettiva, essendone elemento costitutivo la colpa, quale difetto di diligenza nella predisposizione delle misure idonee a prevenire ragioni di danno per il lavoratore.
Nel caso al vaglio della Corte, il giudice di merito aveva respinto la domanda risarcitoria di un infermiere professionale, infortunatosi durante lo scavalcamento di un cancello nel tentativo di raggiungere un paziente allontanatosi dal nosocomio, ove si trovava in ricovero volontario,
Secondo i giudici di legittimità, alla luce di una lettura costituzionalmente orientata dell'articolo 2087 del Codice civile, esiste un obbligo di prevenzione che "abbraccia ogni tipo di misura utile a garantire il diritto dei lavoratori ad operare in un ambiente esente da rischi" e che, quindi, comprende ogni misura imposta dalla legge e ogni altra che, alla luce dell'evoluzione tecnica e scientifica, sia dettata dalla specifica situazione di rischio (in tal senso, anche Cassazione, 17314/2004).
Sul punto la Corte ricorda che il datore di lavoro è chiamato a rispondere, entro i limiti dell'obbligo assicurativo, sia dei danni imputatigli a titolo di responsabilità per colpa (propria o dei propri sottoposti) sia di quelli che, nello svolgimento del lavoro, siano conseguenza di caso fortuito, di forza maggiore o anche di colpa dello stesso lavoratore.
In tale ultimo ambito, tuttavia, il dipendente riceve un ristoro solo parziale, in termini di indennizzo nei limiti del trattamento assicurativo previsto, e non di risarcimento datoriale del danno sofferto. Nel caso estremo in cui il danno derivi da un atto arbitrario dello stesso lavoratore, po i, egli non ha diritto neppure all'indennizzo, perché si è interrotto ogni nesso tra attività lavorativa e infortunio.